Gennaro Colafelice - Poesie

Addio, Lavarone

Io parto.
E tu sorridi ancora,
grazioso laghetto di Lavarone,
all'apparir del sole
che capricciosamente
sbuca dal nascondiglio
di nuvole lontane.
Fra queste vaste distese di monti
sei nascosto
come lucciola nella notte,
piccolo,
di perla,
grigio all'ombra,
luccicante al sole,
vibrante di vita alla brezza montana
che ti porta
dei pini e dei faggi il sospiro.
Non ti fa pena
il triste mio distacco;
ci pensa invece il fonte
che qui piange
una dolce cantilena.
Salve, laghetto.
E voi, verdi prati olezzanti
di montagna,
borgate nascoste
tra boschi di conifere
come nidi d'uccelli,
cime ardite che a stuolo
fate guerra al cielo;
Addio.
Vi sognai;
or vi vedo,
ma piangente vi lascio.
Bambino v'amai,
contemplando il presepe,
le cartoline di Natale;
or vi vedo, vi tocco:
com'č triste
sognare, vedere, partire!
Addio,
casette dipinte
dai tetti spioventi,
nascoste tra i boschi
come asilo di fate.
E tu,
gente gagliarda di montagna,
temprata in quest'aria
vivificante,
che serbi il molle prato nei fienili
alle placide mucche;
che riempi di grazia ospitale
noi cittadini;
che nel silenzio dei boschi,
verdi o bianchi di neve,
puoi ancora pensare;
ama sempre l'intatta natura,
vivi ancora cosė,
nell'incanto.
Io parto.
Spero ancora ritrovarti
sempre forte,
sempre pura.
Spero ancora allontanarmi
dagli umani agglomerati,
dal lugubre frastuono
che m'č causa di morte.
Addio, ancora, ameno lago;
tu sorridi,
come un bimbo ancora in fasce!

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